martedì 14 gennaio 2020


ANCHE LA POESIA PUO' SALVARCI LA VITA

Può sembrare un paradosso pensare che Dante, oggi, possa salvarci la vita. Ma a ben pensarci non soltanto è vero, ma è un’affermazione che sottende un complesso ordine di ragionamenti che è molto opportuno affrontare. Lo fa, con sistematicità, Enrico Castellli Gattinara nel suo Come Dante può salvarti la vita – Conoscere fa sempre la differenza, Giunti editore. Parte, l’autore, dall’idea diffusa che la poesia non abbia poteri che vadano al di là dell’intrattenimento culturale: non cura le malattie, non spegne incendi, non ripara ponti. E in caso di pericolo di morte, nessuno sarebbe così pazzo da chiamare in soccorso un poeta. Insomma, apparentemente la poesia non serve a niente.
Castelli Gattinara comincia ricordando quello straordinario capitolo di Se questo è un uomo in cui Primo Levi racconta come, nell’orrore del campo di sterminio, di fronte alla richiesta di Pikolo, il suo compagno di prigionia francese, di insegnargli un po’ di italiano, a lui venga in mente di recitargli il canto di Ulisse. E di come lo sforzo di ricordare Dante, di spiegarlo al suo compagno, per un momento lo strappi dalle regole assurde del campo, dall’essere sempre sospesi a un filo, dal fatto che la vita del lager riduce l’uomo a un’istintualità primitiva, senza vera coscienza di sé, abbrutito fino al punto di non sapere più cosa si è. Ecco, nell’inferno di Auschwitz Dante, quel “fatti non foste a viver come bruti”, può strappare alla tentazione di lasciarsi sopraffare dalla violenza che distrugge innanzitutto la dignità umana. Può salvare.
 Castelli Gattinara continua la sua ricognizione andando a cerare gli esempi in cui la musica, la lettura di Pinocchio, l’arte, lo studio siano strumenti che possono sollevarci dalla disperazione, dall’isolamento, dallo smarrimento. Succede che chi organizza un’orchestra nella situazione degradata del Venezuela riesca a sottrarre  al richiamo della manovalanza malavitosa giovani che altrimenti non avrebbero nessun modo di sottrarsi al reclutamento criminale; chi coinvolge in un’animazione teatrale, partendo da Collodi, ragazzi africani già preda dei trafficanti di droga riesca a fargli trovare una via d’ uscita dalla marginalità; che la fotografia, la pittura, il cinema siano tanti agganci al mondo dell’espressione umana che, proprio perché immateriale, può salvare dalla violenta materialità di mondi che non lasciano libertà di pensiero e di speranza di costruzione di un futuro sereno.
Se praticare le arti è un modo di accedere alla conoscenza, se dà cognizioni e sapere, può salvare. E non salva solo chi vive situazioni di gravissimo disagio, i deportati e i reietti; salva chiunque rischi di essere, come chi è stato privato della dignità umana, senza capacità di scelta, di conoscenza, di autonomia del vivere le esperienza del mondo e di farne la base per un pensiero critico ed analitico. Riguarda tutti, e in particolare i giovani che studiano. Castelli Gattinara ha provato a chiedere ai suoi studenti adolescenti cosa fosse la cosa più importante per loro. “Su 100 studenti, motivati e interessati, intelligenti e partecipi, nessuno ha scritto una parola che avesse anche minimamente a che fare con la cultura”. Ed è importante la sottolineatura: non ragazzi apatici, svogliati e indolenti: studenti motivati e intelligenti. L’esperienza dell’autore dice che molti ragazzi amano la lettura e si appassionano alla scrittura. Ma quando ne parlano tra loro non accettano che questi siano valori significativi. Le cose importanti sono la famiglia, gli amici, l’amore. Non la poesia. E un libro, sì, può salvanti la vita: ma solo se ti trovi su un’isola deserta e hai tra le mani un manuale di sopravvivenza.
Castelli Gattinara, parlando di Primo Levi, ricorda che nel lager venissero chiamati “musulmani” (nessun riferimento all’Islam) i prigionieri che perdevano dignità e capacità di reagire, voglia di vivere e di lottare. I primi a cedere e ad essere destinati alla camera a gas. Credo che il suo libro voglia farci riflettere sul fatto che, anche se non viviamo in un lager e nessuno di noi rischia di essere ucciso per un abominevole progetto di  sterminio, si possa diventare “musulmani” anche oggi, in un mondo libero. Si possa perdere il coraggio di un pensiero autonomo, si possa cedere al conformismo di massa, si possa rinunciare al principio di solidarietà, alla difesa della dignità umana. Basta lasciarsi andare alla corrente. Non accettare la lezione della poesia, della letteratura, delle arti. L’assenza della cultura, nel progetto di vita dei giovani è un segnale preoccupante. Senza l’aspirazione alla conoscenza ci può esser solo il valore dell’istinto e del possesso. E purtroppo se ne vedono i segni.
 Insomma, credo che dobbiamo convincerci che anche oggi, nella battaglia per un mondo più giusto, Dante può salvarci la vita.

da "L'immaginazione", dicembre 2019

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