mercoledì 18 marzo 2015

IL FUTURO DELLA SINISTRA
E LE ASSIMMETRIE DEL CAMBIAMENTO


“Pensare di poter difendere i diritti conquistati senza ricomporre e ampliare in modo chiaro e deciso l’area delle figure che si pretende di rappresentare è un’utopia con il fiato corto”. Credo questa frase contenga un po’ il succo dell’ultimo libro di Franco Cassano, Senza il vento della storia. La sinistra nell’era del cambiamento, Laterza 2014. Perché è la conclusione di una breve ma densa e convincente indagine sulla condizione attuale della politica degli schieramenti progressisti; innanzitutto in Italia, ma non solo.
Cassano ripercorre le fasi dello sviluppo delle politiche progressiste nella seconda metà del secolo scorso. Ricorda come in quel periodo il progetto della sinistra  ha avuto il suo culmine e ha esercitato un’estesa egemonia politica e culturale in Italia; ma anche di come, dalla fine degli anni ’80, dalla caduta del Muro, sia entrato in crisi. Di come i conflitti di classe, pur presenti, si siano manifestati negli ultimi anni in modi e con aggregazioni del tutto diverse dal passato, incrociando altri problemi. Centrale, nella sua analisi, risulta il processo di finanziarizzazione, che ha reso l’economia “autoreferenziale e fittizia: l’azzardo più spericolato si è sostituito al rischio d’impresa”, in una nuova prospettiva, “piena di asimmetrie, conflitti e di insidie”. E nel processo di perdita di egemonia della sinistra gli agenti del cambiamento, che erano collettivi, sono diventati individuali. In questa prospettiva, per Cassano, il radicalismo di chi difende le conquiste del passato per i soli ceti che ancora (ma per quanto?) ne godono, come l’utopia di estendere universalmente i diritti della cittadinanza, abbattendo le frontiere nazionali, non possono che accentuare il declino dei partiti e dei movimenti di sinistra che, fino ad oggi, si sono riconosciuti in un solo blocco sociale. “Il nazionalismo ‘popolare’ alla Marine Le Pen è l’effetto perverso del giacobinismo”. Intanto, il capitale ha cumulato privilegi e rendite, ha fatto alleanze, ha isolato e diviso il vecchio avversario e ha fatto esplodere nuovi conflitti, acutizzando la contraddizione tra chi delle vecchie conquiste gode e chi ne è escluso. Dentro e fuori i confini delle singole nazioni.
Quali le prospettive? Per Cassano, “è necessario che la sinistra mantenga un’autonomia culturale (…) ma dev’essere cosa profondamente diversa dalla semplice difesa del passato: si è coerenti se si dice sempre la verità, anche e soprattutto quando questa è cambiata”. Se il quadro può sembrare apocalittico, a me pare invece sia una lucida analisi di quella che è  una strategia insieme possibile e indispensabile per ridare senso a un progetto che si riconosca ancora nella ricerca di maggiore giustizia sociale e uguali opportunità.
Riconosciute le conquiste che l’egemonia della sinistra ha comportato in Italia - dalle migliori condizioni di lavoro al diritto all’istruzione, dal diritto alla salute a una più equa distribuzione del reddito, dalla tutela delle diversità al nuovo diritto di famiglia  - bisogna pur accettare che, se negli ultimi anni il tradizionale elettorato della sinistra ha votato per Berlusconi o per la Lega, questo non è dovuto alla perfidia dell’elettorato, ma proprio al fatto che la sinistra non aveva più “il vento della storia” nelle sue vele. Che tutelare assieme il diritto alla casa degli italiani e degli emigrati non poteva non produrre conflitti, che la crescita esponenziale di lavori precari e mal retribuiti non poteva non mettere in crisi i criteri di rappresentanza sindacali, che la tutela dell’ambiente si sarebbe scontrata con l’auspicio dei cittadini di costruire la propria casa dove più lo desideravano, che la possibilità di delocalizzare il lavoro in paesi dove i salari erano più bassi avrebbe fatto tramontare qualsiasi internazionalismo sociale, e  via dicendo. Come dice Cassano, se non si ammette che le cose sono cambiate, il declino è inevitabile. Insieme, se non si immagina una platea più ampia di interessi che si coagulano intorno a un progetto politico compatibile, si rimane una minoranza pura ma impotente. E se si continua a pensare che il rispetto per le legittime aspirazioni personali di ognuno sia bieco individualismo, non si capisce nemmeno a cosa siano servite, le conquiste fatte finora. Non dovevano, appunto, liberare ognuno di noi, farci più autonomi? Certo, la solidarietà è necessaria. Ma la libertà dell’individuo era un obiettivo, non qualcosa da demonizzare.
Credo che una profonda revisione dei valori e delle strategie della sinistra sia in corso, e sia un processo sano e utile. E che non accettare che le prospettive sono cambiate, anche perché, a suo tempo, tante battaglie sono state vinte, sia un rischio terribile, che può portare solo all’isolamento e alla sconfitta.


Dall’”Immaginazione”, dicembre 2014