domenica 27 maggio 2018


Le piccole lapidi degli anni facili:
un libro di Giovanni Pacchiano

Nella Linea d’ombra, Conrad parla del periodo in cui ci si accorge di dover “lasciare alle spalle la regione della prima gioventù”, e descrive un drammatico passaggio al tempo della responsabilità e della durezza dell’età matura. Gli anni facili, di Giovanni Pacchiano, Bompiani, sono invece proprio quelli della prima gioventù, vissuti prima di affacciarsi alla linea d’ombra, che stanno tra l’adolescenza e la maturità e che però, anche se non sono ancora pervasi dai problemi, dai conflitti e delle ansie della vita lavorativa, non sono solo il periodo incantato di cui parla Conrad. Anzi.
I protagonisti del romanzo di Pacchiano sono gli studenti universitari milanesi degli anni Sessanta, vivono gli anni relativamente tranquilli che precedono il Sessantotto, hanno le prime esperienze sessuali, i conflitti tra ragione e sentimento, scoprono le contraddizioni  delle differenze di classe, incontrano i primi drammi, si scontrano con i genitori e fanno per la prima volta i conti con personaggi violenti e infidi. Sullo sfondo, un’università che non è ancora animata dalla contestazione, ma in qualche modo ne ha il presentimento; la guerra fredda e la crisi di Cuba;  la minaccia della guerra nucleare; le prime minigonne; il jazz e il rock; e l’aprirsi di un nuovo orizzonte culturale, con le letture che accompagnano gli anni dello studio, e il confronto con professori ed esami.  
Se il tessuto della narrazione è costituito soprattutto dell’intrecciarsi di piccole e grandi faccende sentimentali, in realtà tutto porta alla scoperta delle tensioni ultime della vita alla quale si affacciano i personaggi. Una relazione con una ragazza che si desidera ma non si ama, il complicato sentimento per una donna matura, la delusione nei rapporti di amicizia sono momenti di un affresco che comprende la musica, i suoni, i film, i libri di un’epoca di passaggio. Qui l’accumularsi degli elementi di formazione di quel periodo è illuminante: Feliditade, Orfeo negro, Henry James, Rimbaud, Accattone, Giuseppe Berto, Venere in visone, Frankie Lane, Alba de Cespedes. E’ un patrimonio culturale  che mescola alto e basso, e segna il maturare della prima generazione che, in Italia, non ha conosciuto né il fascismo né la guerra. Un’Italia che si affaccia al benessere nella quale, magari con qualche sacrificio, si studia, si viaggia e si pratica lo sport, come per le generazioni precedenti hanno potuto fare solo i privilegiati.
Come deve accadere, la nuova libertà della generazione del dopoguerra comporta nuove responsabilità, malinconie e delusioni. Pacchiano riesce a trovare la chiave per descrivere la tipica propensione all’autoanalisi e alle riflessioni che quel’età  porta a fare sulle ipocrisie che comportano i rapporti umani. La scoperta che “ognuno di noi ha un segreto da nascondere. Invisibile nella vita quotidiana anche per quelli con i quali viviamo”. Colpiscono le descrizioni della natura, in montagna, l’idea che i laghetti nascosti siano metafore dei misteri della vita, le mestizia dei giorni di pioggia incessante, che in città ci lascerebbero indifferenti ma lassù diventano una situazione asfittica di chiusura e di noia, la libertà del camminare e del sentire la vitalità del proprio corpo. E insieme capire che lo sconfinare nel romanticismo è un’illusione, “anche se aiuta a esistere”. 
E’ vero, ha ragione Conrad, c’è stato, per chiunque li abbia vissuti, quegli anni, una sorta di febbre, di bisogno di consumare tutto quello che ci trovavamo davanti, la sensazione di essere in “un giardino incantato dove anche le ombre splendono di promesse”. Ma c’è stato anche l’apparire di un limite a tutto questo, la consapevolezza della dimensione effimera di quelle estati senza impegni, finiti gli esami, che sembravano eterne, la città vuota. E quell’immergersi in discorsi senza fine con amici e ragazze che immaginavamo fossero rapporti imprescindibili e che poi si sono smarriti nell’ordinata vita adulta. Non è una stagione tutta vivida vitalità, corporea saturazione dei desideri. E’ un tempo che fa presagire la linea d’ombra, e comporta malinconie e piccole disperazioni, lacerazioni e svelamenti. E’ vero che sono anni facili,  fatti di “giorni veloci come le nuvole in cielo nella giornate di grande vento”. Pacchiano le descrive con la consapevolezza del fatto che sono quelli che ci hanno formato, che hanno lasciato un segno indelebile, e insieme che non ci hanno lasciato che un ricordo struggente, del quale, forse, alle volte, preferiremmo fare a meno.
A ripensarli, ci danno la stessa sensazione che proviamo ritrovando le fotografia delle classi della scuola, dice Giacomo, il protagonista degli Anni facili: un elenco di nomi – l’appello! -dei quali non sappiamo più niente. “Piccole lapidi del passato”. Cimeli del momento in cui abbiamo scoperto che la vita, lei, non è facile per niente.

                                                                                          Da "L'Immaginazione, giugno 2018