COME FAR SCAPPARE
I BRAVI DIRETTORI DI MUSEI
E VIVERE FELICI
Ma possibile che, con tutto quello
che ci succede intorno, con i problemi che affliggono il futuro del paese di
fronte a una tornata elettorale che lascerà il parlamento nell’incertezza, ci
si debba occupare di Tomaso Montanari? Ebbene sì, ci tocca anche questa. Cos’è
successo? Che il Consiglio di Stato, supremo organo di giustizia
amministrativa, ha messo in mora le nomine di direttori di museo che non hanno
la cittadinanza italiana. Non possono difendere istituzioni di rilevante
interesse nazionale, dicono i magistrati; e si prendono un po’ di tempo per
decidere, anche perché le opinioni, all’interno dello stesso Consiglio, sono
divergenti. E Montanari, come è logico,
ha gioito. In un ispirato articolo su Repubblica ci spiega che la legge è
scritta male, che Franceschini non sa fare il suo mestiere, o ha collaboratori
inadeguati. E che la riforma aveva nominato direttori senza risorse, non
provenienti da grandi musei ma anzi, ”figure di secondo o più spesso di terzo
piano”.
Poco sotto, come se questo
dimostrasse l’assunto, ci informava che il direttore degli Uffizi ha
annunciato, a metà mandato, che andrà a dirigere il Kunsthistorisches Museum di
Vienna. Segno, a suo parere, che la riforma non funziona.
Ora qui Montanari deve mettersi
d’accordo con se stesso. Se il direttore degli Uffizi, già dirigente di
importanti musei in Germania e negli Usa, ha deciso di andarsene a dirigere a
Vienna uno dei più importanti musei d’Europa, vuol dire che proprio di secondo
piano non era. Né lui, né altri colleghi stranieri chiamati in importanti
musei, che tra l’altro vantano un notevole aumento di visitatori e di introiti.
Vuol dire, forse, che ha capito che il Consiglio di Stato potrebbe mandar via
anche lui, e ha cercato una sistemazione prima che accada.
Ma Montanari dovrebbe anche
spiegare perché, se chi non è cittadino italiano non può tutelare le
istituzioni nazionali in Italia, questo può succedere altrove. Infatti l’ormai
ex direttore degli Uffizi ha diretto l’importante museo di Baltimora e ora va a
Vienna, pur essendo cittadino tedesco. Cosa accade? All’estero sono così
stupidi da lasciare che gli stranieri gestiscano le loro istituzioni e solo noi
italiani siamo così accorti da evitare che pericolosi stranieri si impadroniscano
dei nostri musei? Non è, per caso, che la nazionalità non c’entra niente e che
quello che vale, in questo caso, è la competenza e la capacità manageriale? A
Montanari non va giù che, poiché la Costituzione indica che chi ricopre cariche
pubbliche debba “adempiere con disciplina e onore, prestando giuramento nei
casi stabiliti dalla legge”, questo compito venga affidato a, chessò, un
tedesco. Per non parlare della parola “manageriale”, che a Montanari fa venire
la pelle d’oca, perché pensa che i musei siano dei centri di ricerca scientifica e che il
numero di visitatori non conti nulla. Buffa opinione, per chi si dichiara di
sinistra: pensare che i musei siano fatti per un’élite di studiosi e non per le
masse. Che stiano a casa, a guardare la tv, quegli ignoranti.
Ecco, la situazione del paese non
è allegra, ma questo caso non è estraneo al declino di autorevolezza e
competitività che affligge l’Italia. Se non abbiamo capito che siamo in Europa,
e non in un paese isolato, che può accadere che un tedesco abbia più
disciplina, onore, e magari anche doti intellettuali e manageriali di qualche
funzionario italiano, come speriamo di affrontare le sfide della
globalizzazione? E se il nostro provincialismo ci porta a pensare che è sempre
meglio difendere i burocrati nostrani e non metterli in competizione con le
intelligenze che popolano il continente, quando riusciremo a superare l’inerzia
e l’inefficienza cronica della nostra pubblica amministrazione? Infine, se a
ogni innovazione quelli che si qualificano “progressisti” reagiscono con il
rifiuto di ogni novità e la difesa a oltranza dello status quo, che cambiamento
potremo mai aspettarci, e da chi? Dai conservatori?
Montanari è un ottimo storico
dell’arte. Ma se questa dovesse essere la classe dirigente che aspetta di
prendere il posto di chi ha – forse mediocremente, ma dignitosamente - gestito
il paese negli ultimi anni, siamo fritti. Dei talebani della cultura, dei
fondamentalisti del sindacalismo statalista, dei nazionalisti di estrema
sinistra non abbiamo proprio bisogno. Che facciano il loro mestiere, ma evitino di bloccare ogni tentativo di modernizzazione dello stato, per piacere. Ne abbiamo avuti già troppi, di personaggi
bizzarri, in posti chiave del paese. Ora vorremmo persone sensate.