lunedì 29 febbraio 2016

SE I CRITICI NON LEGGONO

Ma li leggono, i libri, i critici? Alle volte si ha la sensazione che ne parlino solo per sentito dire. Un caso recente me lo fa sospettare. L’anno scorso è stato pubblicato, prima negli USA e poi anche da noi, da Feltrinelli, un romanzo giovanile di Harper Lee, Va’, metti una sentinella. Un sequel del Buio oltre la siepe, che ha gli stessi personaggi e la stessa ambientazione, pur essendo stato scritto prima. L’anziana scrittrice era ricoverata in una casa di cura, dopo un ictus, e la stampa aveva avanzato l’ipotesi che la pubblicazione fosse avvenuta a sua insaputa, o che l’autorizzazione le fosse stata estorta da parenti interessati. Vero che il libro non era mai stato pubblicato prima; e vero che si tratta di un’opera diversa dal celebratissimo Buio. Ma quel che aveva suscitato scalpore (e fatto pensare che la Lee avesse buoni motivi per tenere il libro nel cassetto) era che nel sequel Atticus, l’indomito avvocato, difensore dei neri del Buio, ora anziano ed artritico, risultava – a detta dei critici americani – un odioso razzista. Anche la critica italiana si era prontamente schierata su questa linea, e  il nuovo libro era stato rapidamente archiviato come un errore di gioventù che sarebbe stato meglio lasciare nel dimenticatoio.
Ora, qualche giorno fa Harper Lee è morta, e i coccodrilli si sono concentrati sul presunto scandalo del nuovo libro, e su quanto questo fosse distante dal nobile ed edificante Buio, ancora oggi diffusissimo e letto nelle scuole americane come opera esemplare, per il modo in cui aveva parlato dei pregiudizi del Sud statunitense e delle battaglie contro il razzismo e a favore dei diritti degli afroamericani.
Andrebbe tutto bene se non fosse che, a mio parere, non solo Va’, metti una sentinella è un ottimo libro, scritto con la stessa freschezza del Buio, ma addirittura più interessante, più complesso e letterariamente più significativo; e dire che Atticus vi figuri come un odioso razzista è esagerato, per non dire del tutto inesatto. Naturalmente può darsi che io mi sbagli, ma almeno una cosa va detta: tutti i critici che ne hanno parlato, negli ampi necrologi che hanno pubblicato, sembrano aver parlato di un altro libro; o, com’è probabile, si sono limitati a prendere per buone le critiche uscite, al momento della pubblicazione, negli USA. E il libro o non l’hanno letto, o l’hanno solo sfogliato.
In Va’…, infatti, Harper Lee racconta la vita di Maycomb, la stessa cittadina dell’Alabama in cui è ambientato il Buio, con gli occhi di una Scout (la protagonista di tutti e due i libri) cresciuta, che frequenta l’università a New York. Tornata a casa per le vacanze si accorge per la prima volta che suo padre, e gli altri personaggi della piccola comunità che per lei erano dei combattenti senza macchia, e che aveva idealizzati, sono in realtà costretti a tollerare, se non a condividere l’arretratezza dei concittadini. L’idea che debbano accettare piccoli compromessi e fingere di non scandalizzarsi per i pregiudizi diffusi, perché la vita di una comunità non accetterebbe conflitti così drammatici da mettere in discussione la convivenza civile, la mette in crisi. Aveva immaginato che per un ideale si dovessero combattere battaglie senza quartiere, e invece scopre che, per cercare di incrinare il razzismo dei concittadini, anche il nobile Atticus deve entrare in contatto con loro, e cercare di lavorare dentro la comunità per cambiarne, nel tempo, la mentalità arretrata.  
Il libro è bello e complesso proprio perché mostra come il massimalismo un po’ infantile di Scout si scontri con il moderatismo dell’anziano padre; e come dopo l’intemperanza iniziale, e un violento scontro, anche Scout non possa non capire che le posizioni intransigenti sono legate a una visione immatura della politica e dei rapporti umani, e che anche le lotte più giuste non possono eliminare le ingiustizie con imposizioni improvvise, ma solo con il lento convincimento che porta alla maturazione collettiva.

Nel Buio si respira un clima idilliaco, i bambini capiscono che un vicino è diverso ma è buono, i cattivi si ammorbidiscono di fronte alle disarmante ingenuità di Scout,  e anche se la battaglia di Atticus per difendere un nero ingiustamente accusato di violenza non viene capita dalla maggioranza degli abitanti della cittadina di Maycomb, il suo ruolo lo rende un eroe agli occhi dei figli. Qui, invece, le contraddizioni inevitabili in ogni famiglia, e in ogni comunità, vengono descritte con realismo, le cose non sono dipinte a tinte forti, non tutto è bene o male, ma ci sono i contrasti, le sfumature, i conflitti intrinseci alle cose umane. Il Buio, in questo è sì un romanzo edificante, ma anche semplificante. Va’, metti una sentinella, è stato scritto prima, ma è un romanzo più maturo, più difficile, e forse per questo meno capito e meno letto. Non sarebbe un problema: accade che bei libri, ancorché letti con attenzione, non vengano capiti. Ma se non vengono nemmeno letti, certo, è difficile che comunichino, anche ai critici più illuminati, la complessa realtà di un’esperienza profonda delle contraddizioni della vita.

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