lunedì 24 maggio 2021

 

IL TAPPEZZIERE E LA LEGGE INTERIORE.

Ovvero: il delitto non è fatto per i buoni

 

Vi è mai successo di leggere un libro senza un momento di rilassamento, col fiato sospeso, presi dall'angoscia che sente il protagonista come se foste voi, senza avere mai la sensazione che la tensione si allenti, costretti a correre verso il finale senza smettere di girare le pagine? Be', Money, di Andrea Kerbaker - La nave di Teseo, 126 pagine, 13 euro – è questo genere di libro. Un racconto semplice, persino lineare, ma drammatico, ad alta tensione, che costringe a fare i conti con qualcosa che forse tutti proveremmo, se ci trovassimo nelle condizioni di Roberto, il protagonista. A lui, tappezziere con sempre meno soldi di quelli che sarebbero necessari, Vincenzo, un vecchio conoscente, fa una proposta che non sa rifiutare. Gli deve dare la seconda chiave di un furgone che sta per consegnare al commissionario che gliene vende uno nuovo. Cioè usato, ma per lui fin troppo lussuoso. Il furgone, ormai passato di proprietario, sarà rubato e usato per un'operazione illegale. In cambio di quella chiave avrà una percentuale sul furto di un'opera d'arte. 70.000 euro, che per lui sono un'enormità.

Noi lettori siamo già in ambasce durante la trattativa. Roberto è troppo per bene, troppo ingenuo e anche troppo buono per essere il complice di un delinquente. E già nelle fasi preliminari dell'operazione vive un'ansia acuta, e noi con lui, perché sa di non essere alla altezza (cioè alla bassezza) del compito. Ma naturalmente le cose si complicano, perché i delitti perfetti non esistono, e mentre Roberto è terrorizzato da inquietanti visite dei carabinieri, interviste di giornalisti spregiudicati che lo mettono in cattiva luce, l'inchiesta sull'incidente che ha incrinato la perfezione del piano finisce per sfiorarlo.

Non diremo come finisce la storia, perché questo è un giallo e senza la suspence perderebbe fascino; ma quel che conta è anche altro. Come la descrizione dell'ambiente in cui vive Roberto, una piccola borghesia italiana tutta parenti e duro lavoro, segreti e non detti, mogli che devono fare le compere di Natale e  figlie insoddisfatte, voglie represse e illusioni perdute. Ci sono parenti un po' razzisti – i responsabili di tutto sono sempre extracomunitari! – amici un po' qualunquisti, vicini di casa (soprannominati i Finestrini) che scrutano abitualmente nelle finestre di fronte. Come le officine e le botteghe artigiane, oggi sempre in crisi, disordinate e poco pulite. Come le trattorie dove mangiano con poco i lavoratori.

Insieme, il gorgo di angoscia e di rimorso in cui Roberto precipita perché, anche se non ha responsabilità dirette, sa di essere stato lo strumento con cui un delitto, e un dramma che ne è conseguito, sono stati consumati. Roberto, e ancora noi con lui, vive continuamente sull'orlo di un cedimento, di una confessione, di una ritrattazione. Questo il duro, sanguinoso contenuto del libro, che lascia una traccia profonda anche in chi delitti non usa compierne. E meno male, perché per chi non ha il pelo sullo stomaco il mondo dell'illegalità, ci spiega Kerbaker, può essere una trappola mortale. Magari non per la legge dello stato, ma per la nostra legge interiore sì.  

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