UNA VITA, UN'EPOCA
A lungo, la vita dei malati di mente
è stata difficile se non tragica. Sepolti in ospedali psichiatrici dove spesso
le terapie sfioravano la tortura, e vigevano contenzione fisica e reclusione
assoluta anche per le patologie più lievi. Nel migliore dei casi, quando le
famiglie se lo potevano permettere, il malato veniva custodito in cliniche
private, anche accoglienti, che erano comunque dei reclusori, dove le terapie
spesso prevedevano trattamenti violenti come l’elettrochoc e il coma
insulinico. Le vicende di Aldo, l’unico figlio di Palmiro Togliatti, rientrano
nella seconda categoria: non per questo, però, la vita di quest’uomo è stata
meno tragica e meno infelice.
Massimo Cirri racconta questa vicenda
in un libro di grande interesse, Un’altra
parte del mondo, pubblicato da Feltrinelli, inquadrando la vicenda di Aldo
Togliatti nel periodo storico che va dagli anni Venti fino alla sua morte,
avvenuta nel 2011 restituendoci, insieme alla storia del protagonista e della
sua malattia, la personalità e la vita del padre, il grande capo comunista,
come della madre, anche lei militante e parlamentare, e il clima culturale e
politico che accompagna tutto il periodo, in Unione Sovietica prima e in Italia
poi.
In una sorta di anamnesi letteraria,
Cirri ripercorre le tappe del progressivo isolarsi dal mondo di Aldo, la sua
timidezza, le sue difficoltà a integrarsi e a trovare un ruolo adulto, la
convivenza con la madre, l’aggravarsi della malattia e il lungo, desolante
ricovero in una clinica privata. Ma la sua non è comunque una vita qualsiasi:
perché Aldo è figlio di due rivoluzionari professionali, due militanti a tempo
pieno, che hanno pochissime occasioni per dedicarsi a un figlio. Passa i primi
diciott’anni in Russia, sballottato tra gli spostamenti dei genitori e poi
parcheggiato a Ivanovo, un collegio destinato ai figli dei dirigenti comunisti.
Un villaggio a un paio di ore da Mosca, dove Aldo sperimenta il rigore
dell’ideologia e i metodi sovietici per creare l’uomo nuovo, il cittadino del mondo
futuro, figlio dell’utopia comunista. Un collegio forse meno peggio di altri,
un luogo persino privilegiato dove, almeno, malgrado si sia in tempo di guerra,
non manca il cibo e gli insegnanti sono competenti. Dobbiamo pensare però a un ragazzo fragile,
che cresce senza vedere né il padre né la madre, che scrive loro lettere di
solitudine e disperata richiesta di aiuto. Il lento accentuarsi di una tendenza
all’isolamento che finisce per diventare patologica.
Al rientro in Italia, nel ’45, Aldo
non riesce a superare lo scoglio dello studio universitario, trova un lavoro,
lo lascia, dà i primi segni di squilibrio, viene curato nei migliori ospedali
psichiatrici dei paesi oltre cortina, con metodi che possiamo solo immaginare; finisce
per vivere a Torino, in una sorta di dipendenza forzata, con la madre; la cui
morte è un altro trauma, dal quale non si riprende più. Passerà gli ultimi
trent’anni (pare incredibile: trent’anni!) in una clinica di Modena, vicina al
PCI, dove un incaricato del partito gli porterà ogni settimana le sigarette e
la Settimana enigmistica, dove dei parenti della madre lo verranno a trovare solo
sporadicamente e dove morirà, solo e dimenticato, a 86 anni.
Questa, in sintesi, la vicenda
narrata da Massimo Cirri. Ma il libro ricorda anche il clima che si respirava
nell’Unione Sovietica della guerra, la costruzione dei miti e degli eroi del
regime, spesso inventati solo per creare esempi di fede assoluta negli ideali
del comunismo. La continua revisione della storia e dei protagonisti della vita
politica che, durante le purghe staliniane, gli studenti devono
progressivamente cancellare dai libri di storia; la improvvisa sparizione di
compagni di scuola, figli di dirigenti caduti in disgrazia, allontanati dai
privilegi di Ivanovo.
E ancora la vita dei dirigenti
comunisti in Italia, nel dopoguerra, quando Togliatti si innamora della giovane
Nilde Jotti e lascia la moglie, Rita Montagnana. Uno scandalo non solo per
l’Italia dell’epoca, ma soprattutto per il PCI, contrario al divorzio e alla
convivenza degli adulteri. Una separazione che pesa certamente sull’equilibrio
già instabile del giovane Aldo, ma che segna anche la fine della carriera
politica della Montagnana, che pure era stata un’importante leader delle
battaglie per l’emancipazione della donna e promotrice dalla giornata dell’8
marzo e del simbolo della mimosa: non sarà più rieletta, e il ritiro in un
appartamentino a Torino, dove leggerà la Pravda fino alla morte, sono anche il
segno di un modo assai brusco dei rivedere i ruoli in un partito ancora molto
vicino ai metodi sovietici.
Ecco come la biografia di un uomo
diventa così un po’ la storia di un partito, di un paese, di un’epoca. Fatti e
persone che hanno segnato profondamente la nostra storia.
(Da "L'immaginazione, novembre 2016)