domenica 5 febbraio 2017

UNA VITA, UN'EPOCA


A lungo, la vita dei malati di mente è stata difficile se non tragica. Sepolti in ospedali psichiatrici dove spesso le terapie sfioravano la tortura, e vigevano contenzione fisica e reclusione assoluta anche per le patologie più lievi. Nel migliore dei casi, quando le famiglie se lo potevano permettere, il malato veniva custodito in cliniche private, anche accoglienti, che erano comunque dei reclusori, dove le terapie spesso prevedevano trattamenti violenti come l’elettrochoc e il coma insulinico. Le vicende di Aldo, l’unico figlio di Palmiro Togliatti, rientrano nella seconda categoria: non per questo, però, la vita di quest’uomo è stata meno tragica e meno infelice.
Massimo Cirri racconta questa vicenda in un libro di grande interesse, Un’altra parte del mondo, pubblicato da Feltrinelli, inquadrando la vicenda di Aldo Togliatti nel periodo storico che va dagli anni Venti fino alla sua morte, avvenuta nel 2011 restituendoci, insieme alla storia del protagonista e della sua malattia, la personalità e la vita del padre, il grande capo comunista, come della madre, anche lei militante e parlamentare, e il clima culturale e politico che accompagna tutto il periodo, in Unione Sovietica prima e in Italia poi. 
In una sorta di anamnesi letteraria, Cirri ripercorre le tappe del progressivo isolarsi dal mondo di Aldo, la sua timidezza, le sue difficoltà a integrarsi e a trovare un ruolo adulto, la convivenza con la madre, l’aggravarsi della malattia e il lungo, desolante ricovero in una clinica privata. Ma la sua non è comunque una vita qualsiasi: perché Aldo è figlio di due rivoluzionari professionali, due militanti a tempo pieno, che hanno pochissime occasioni per dedicarsi a un figlio. Passa i primi diciott’anni in Russia, sballottato tra gli spostamenti dei genitori e poi parcheggiato a Ivanovo, un collegio destinato ai figli dei dirigenti comunisti. Un villaggio a un paio di ore da Mosca, dove Aldo sperimenta il rigore dell’ideologia e i metodi sovietici per creare l’uomo nuovo, il cittadino del mondo futuro, figlio dell’utopia comunista. Un collegio forse meno peggio di altri, un luogo persino privilegiato dove, almeno, malgrado si sia in tempo di guerra, non manca il cibo e gli insegnanti sono competenti.  Dobbiamo pensare però a un ragazzo fragile, che cresce senza vedere né il padre né la madre, che scrive loro lettere di solitudine e disperata richiesta di aiuto. Il lento accentuarsi di una tendenza all’isolamento che finisce per diventare patologica.
Al rientro in Italia, nel ’45, Aldo non riesce a superare lo scoglio dello studio universitario, trova un lavoro, lo lascia, dà i primi segni di squilibrio, viene curato nei migliori ospedali psichiatrici dei paesi oltre cortina, con metodi che possiamo solo immaginare; finisce per vivere a Torino, in una sorta di dipendenza forzata, con la madre; la cui morte è un altro trauma, dal quale non si riprende più. Passerà gli ultimi trent’anni (pare incredibile: trent’anni!) in una clinica di Modena, vicina al PCI, dove un incaricato del partito gli porterà ogni settimana le sigarette e la Settimana enigmistica, dove dei parenti della madre lo verranno a trovare solo sporadicamente e dove morirà, solo e dimenticato, a 86 anni.
Questa, in sintesi, la vicenda narrata da Massimo Cirri. Ma il libro ricorda anche il clima che si respirava nell’Unione Sovietica della guerra, la costruzione dei miti e degli eroi del regime, spesso inventati solo per creare esempi di fede assoluta negli ideali del comunismo. La continua revisione della storia e dei protagonisti della vita politica che, durante le purghe staliniane, gli studenti devono progressivamente cancellare dai libri di storia; la improvvisa sparizione di compagni di scuola, figli di dirigenti caduti in disgrazia, allontanati dai privilegi di Ivanovo.
E ancora la vita dei dirigenti comunisti in Italia, nel dopoguerra, quando Togliatti si innamora della giovane Nilde Jotti e lascia la moglie, Rita Montagnana. Uno scandalo non solo per l’Italia dell’epoca, ma soprattutto per il PCI, contrario al divorzio e alla convivenza degli adulteri. Una separazione che pesa certamente sull’equilibrio già instabile del giovane Aldo, ma che segna anche la fine della carriera politica della Montagnana, che pure era stata un’importante leader delle battaglie per l’emancipazione della donna e promotrice dalla giornata dell’8 marzo e del simbolo della mimosa: non sarà più rieletta, e il ritiro in un appartamentino a Torino, dove leggerà la Pravda fino alla morte, sono anche il segno di un modo assai brusco dei rivedere i ruoli in un partito ancora molto vicino ai metodi sovietici.
Ecco come la biografia di un uomo diventa così un po’ la storia di un partito, di un paese, di un’epoca. Fatti e persone che hanno segnato profondamente la nostra storia.

  
  (Da "L'immaginazione, novembre 2016)

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