ANCHE LA POESIA PUO' SALVARCI LA VITA
Può sembrare un paradosso pensare che
Dante, oggi, possa salvarci la vita. Ma a ben pensarci non soltanto è vero, ma
è un’affermazione che sottende un complesso ordine di ragionamenti che è molto
opportuno affrontare. Lo fa, con sistematicità, Enrico Castellli Gattinara nel
suo Come Dante può salvarti la vita –
Conoscere fa sempre la differenza, Giunti editore. Parte, l’autore,
dall’idea diffusa che la poesia non abbia poteri che vadano al di là
dell’intrattenimento culturale: non cura le malattie, non spegne incendi, non
ripara ponti. E in caso di pericolo di morte, nessuno sarebbe così pazzo da
chiamare in soccorso un poeta. Insomma, apparentemente la poesia non serve a
niente.
Castelli Gattinara comincia
ricordando quello straordinario capitolo di Se
questo è un uomo in cui Primo Levi racconta come, nell’orrore del campo di
sterminio, di fronte alla richiesta di Pikolo, il suo compagno di prigionia
francese, di insegnargli un po’ di italiano, a lui venga in mente di recitargli
il canto di Ulisse. E di come lo sforzo di ricordare Dante, di spiegarlo al suo
compagno, per un momento lo strappi dalle regole assurde del campo, dall’essere
sempre sospesi a un filo, dal fatto che la vita del lager riduce l’uomo a
un’istintualità primitiva, senza vera coscienza di sé, abbrutito fino al punto
di non sapere più cosa si è. Ecco, nell’inferno di Auschwitz Dante, quel “fatti
non foste a viver come bruti”, può strappare alla tentazione di lasciarsi
sopraffare dalla violenza che distrugge innanzitutto la dignità umana. Può
salvare.
Castelli Gattinara continua la sua
ricognizione andando a cerare gli esempi in cui la musica, la lettura di Pinocchio, l’arte, lo studio siano
strumenti che possono sollevarci dalla disperazione, dall’isolamento, dallo
smarrimento. Succede che chi organizza un’orchestra nella situazione degradata
del Venezuela riesca a sottrarre al
richiamo della manovalanza malavitosa giovani che altrimenti non avrebbero
nessun modo di sottrarsi al reclutamento criminale; chi coinvolge in
un’animazione teatrale, partendo da Collodi, ragazzi africani già preda dei
trafficanti di droga riesca a fargli trovare una via d’ uscita dalla
marginalità; che la fotografia, la pittura, il cinema siano tanti agganci al
mondo dell’espressione umana che, proprio perché immateriale, può salvare dalla
violenta materialità di mondi che non lasciano libertà di pensiero e di
speranza di costruzione di un futuro sereno.
Se praticare le arti è un modo di
accedere alla conoscenza, se dà cognizioni e sapere, può salvare. E non salva
solo chi vive situazioni di gravissimo disagio, i deportati e i reietti; salva
chiunque rischi di essere, come chi è stato privato della dignità umana, senza
capacità di scelta, di conoscenza, di autonomia del vivere le esperienza del
mondo e di farne la base per un pensiero critico ed analitico. Riguarda tutti,
e in particolare i giovani che studiano. Castelli Gattinara ha provato a
chiedere ai suoi studenti adolescenti cosa fosse la cosa più importante per
loro. “Su 100 studenti, motivati e interessati, intelligenti e partecipi,
nessuno ha scritto una parola che avesse anche minimamente a che fare con la
cultura”. Ed è importante la sottolineatura: non ragazzi apatici, svogliati e
indolenti: studenti motivati e intelligenti. L’esperienza dell’autore dice che
molti ragazzi amano la lettura e si appassionano alla scrittura. Ma quando ne
parlano tra loro non accettano che questi siano valori significativi. Le cose
importanti sono la famiglia, gli amici, l’amore. Non la poesia. E un libro, sì,
può salvanti la vita: ma solo se ti trovi su un’isola deserta e hai tra le mani
un manuale di sopravvivenza.
Castelli Gattinara, parlando di Primo
Levi, ricorda che nel lager venissero chiamati “musulmani” (nessun riferimento
all’Islam) i prigionieri che perdevano dignità e capacità di reagire, voglia di
vivere e di lottare. I primi a cedere e ad essere destinati alla camera a gas.
Credo che il suo libro voglia farci riflettere sul fatto che, anche se non
viviamo in un lager e nessuno di noi rischia di essere ucciso per un abominevole
progetto di sterminio, si possa
diventare “musulmani” anche oggi, in un mondo libero. Si possa perdere il
coraggio di un pensiero autonomo, si possa cedere al conformismo di massa, si
possa rinunciare al principio di solidarietà, alla difesa della dignità umana.
Basta lasciarsi andare alla corrente. Non accettare la lezione della poesia,
della letteratura, delle arti. L’assenza della cultura, nel progetto di vita
dei giovani è un segnale preoccupante. Senza l’aspirazione alla conoscenza ci può
esser solo il valore dell’istinto e del possesso. E purtroppo se ne vedono i
segni.
Insomma, credo che dobbiamo convincerci che anche
oggi, nella battaglia per un mondo più giusto, Dante può salvarci la vita.
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