SCRIVERE UN APOLOGO E' UNA SFIDA TEMERARIA
L’ultimo Rushdie,
Mondadori, 450 pagine, si intitola Quichotte (Chisciotte alla francese, mah),
e vuole essere un calco moderno e spregiudicato del classico di Cervantes. Parla
di un mediocre scrittore di libri di spionaggio che inventa il Chisciotte moderno
sotto forma di emigrato indiano (dall’India) negli USA, commesso viaggiatore di
oppioidi illegali. La sua Dulcinea è un conduttrice televisiva di successo, tossica,
indiana anche lei. In viaggio verso l’incontro con la bella, Q. è accompagnato
da un figlio immaginario, Sancho, che deruberà la sorella di Q., detta Molla
Umana, e fuggirà, alla ricerca di un’identità reale, in dialogo con il grillo
parlante e una fata turchina sovrappeso. Sullo sfondo, tra l’apparizione di
uomini-mammut, agenti segreti nippo-americani e colloqui con la statua di
Andersen, le vicende dello scrittore; anche lui munito di un figlio agente
della CIA e di una sorella malata. In conclusione, la classica fuga in macchina
attraverso gli Stati Uniti, mentre Q. dialoga con la sua pistola e la bella lo
accompagna verso un sogno di fantasmatici viaggi interplanetari.
Rushdie sa scrivere, il
ribollire di invenzioni riempie il libro e produce la curiosità che porta ad
aspettarsi una conclusione fantasmagorica. Ci riesce. Il rischio di scrivere un
romanzo picaresco, però, ambientato negli USA di oggi, è quello di mettere
insieme pezzi del Mago di Oz, di Lolita e di Philip Dick. E il risultato è sì una
satira di un mondo in crisi, ma chiusa in un ritratto un po’ confuso degli USA
e dell’immigrazione indiana.
Anche Lo scarafaggio di Ian McEwan, Einaudi,
meno di 100 pagine, si presenta come un apologo della Gran Bretagna della brexit e un’allegoria del declino delle
democrazie occidentali. Lo scarafaggio protagonista si insinua al n. 10 di
Downing street e si sveglia nel corpo umano del primo ministro. Sostenuto da un
governo di uomini-scarafaggio come lui, imposta un grande progetto: l’inversionismo, un capovolgimento delle
regole del mercato. Si paga per lavorare, si viene pagati per consumare. L’inversione trova qualche resistenza, che
viene però superata. L’unico ministro non di origine scarafaggesca si deve
dimettere a causa di un finto scandalo che lo mette fuori gioco; e la ritrosia
del parlamento viene superata quando il presidente degli USA (scarafaggio
anche lui) si schiera a favore dell’inversione.
Lasciamo al lettore il divertimento di arrivare alla tragicomica conclusione.
In una postfazione, Mc
Ewan dichiara apertamente di essersi ispirato alla Modesta proposta di Swift, e di voler parlare in allegoria della brexit. “Il più insulso, masochistico e
inconcepibile proposito della storia di queste isole” al quale, con l’eccezione
di Putin e Trump, il mondo guarda con sgomento. Una scelta per la quale ha
votato solo il 37% dell’elettorato. Per descrivere “qualcosa di orrendo” che si
è insinuato nella politica britannica, a Mc Ewan è sembrato naturale ricorrere a un’immagine
ripugnante come quella dello scarafaggio.
Un ragionamento, per me,
assolutamente condivisibile, come ogni riflessione su quanto questo fenomeno
sia figlio di tendenze sovraniste e di una propaganda fatta di falsità e di
discutibili insinuazioni. E non posso che concordare sul fatto che le tensioni
antieuropee nascondano tendenze autoritarie e
antidemocratiche.
I libri di Ian Mc Ewan e
di Salman Rushdie, però, mi sembrano fallire il loro intento sul piano
letterario. C’è da chiedersi perché, visto che si tratta di due scrittori di talento.
Credo che accada perché la dimensione allegorica è di per sé difficile da
maneggiare, al di là della statura di chi scrive. Diventa facilmente parodia
del racconto romanzesco, non lo sostituisce, e finisce per annoiare perché la
trasparente funzione satirica si esaurisce presto, mentre la narrazione stenta
a coinvolgere perché usa una trama tutta cerebrale, senza emozioni né
sentimento.
Un’ultima annotazione.
Due libri che si riferiscono, fin dal titolo, a due grandi classici, sono di
per sé una sfida temeraria. Don Chisciotte e il suo doppio Sancho hanno certo
ispirato altre narrazioni, ma l’uso che Rushdie fa del personaggio è tutto in
burla, e così perde la sua drammaticità. L’uso che Mc Ewan fa dello scarafaggio
non ha a che fare con il disagio dell’uomo moderno, come in Kafka, ma con il
declino della politica, e anche qui l’emblema si stempera in una visione
grottesca che non raggiunge il lato profondamente umano della metamorfosi di
Gregor Samsa.
A questi due scrittori,
che hanno voluto parlarci della crisi del nostro mondo, sembra essere mancato
lo slancio epico necessario per dire le grandi contraddizioni dell’uomo. Senza
quella dimensione, ogni riscrittura, ogni rifacimento, rischia di diventare un divertissement, che lascia un po’ il
tempo che trova.
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